Anche Heinrich tra poco andrà in pensione e qui a Jena gli hanno preparato una festa-convegno stimolante. Grandi nomi - teorici della sociologia delle élite e politologi empiristi. Si parte da quella roba mosca-pareto-michels che talvolta appare scontata ma che ha senza dubbio ancora grande presa nel pensiero liberale. E le implicazioni sono palpabili non solo sulle nostre sottili questioni di ricerca –immagino del tutto irrilevanti per i più – ma sul futuro della democrazia rappresentativa e sull’impatto esercitato dalle èlite contemporanee.
Molti sono gli insegnamenti che ho tratto negli anni dai lavori di questi studiosi e sono ancora convinto che il confronto tra analisi empirica della politica ed dimensione elitista della democrazia resta fondamentale. Etichetto “dimensione elitista” la ricerca della valentior pars – persone capaci di ridurre i gap enormi creati sino ad oggi dalla società liberale e costruire pari opportunità. Per me dunque la dimensione elitista della democrazia è una pratica che non serve una visione normativa di democrazia delle élite, ma che parte dall’osservazione della necessità di tutte le varianti democratiche (anzi, di tutti i regimi complessi) di funzionare sul modello dei migliori.
Continuerò a discutere con Best di questo e di altro. Ma è fondamentale che oggi ci chiediamo tutti laicamente se e quanto è il caso di sconvolgere l’agenda di ricerca. Arrivando addirittura a proporre la cancellazione delle élite come unità di ricerca. La conclusione, condivisa, è che non si pone un problema di addio alle élite. Si pone però, questo credo sia una priorità, un problema di sostenibilità della dimensione elitista della democrazia. La presente crisi non ha soltanto affievolito i legami tra comunità e autorità. Ha messo in discussione i valori della democrazia rappresentativa e le sue istituzioni. Per questo è necessario affrontare con spirito innovativo lo studio della capacità rappresentativa delle nuove élite e considerare l’utilizzo di modalità alternative di selezione e formazione delle stesse.
Non è la fine della dimensione elitista della democrazia ma dobbiamo mettere in conto profonde rivisitazioni dei nostri paradigmi a partire da domande di ricerca simili al passato: quanto ci assogliano le élite? Come possono essere formate? Come rispondono e come si controlla la loro risposta? La sociologia politica deve continuare a cogliere informazioni e nessi causali che possono aiutare a interpretare i cambiamenti senza dubbio apprezzabili che ancora ci aspettano. Heinrich Best sarà ancora un punto di riferimento – non mi pare infatti affatto orientato a mollare la presa. A lui i migliori auguri di buon proseguimento di lavoro.