La discussione sulla interpretazione relativa al significato corrente della bandiera della Marina Imperiale Tedesca, che in poche ore ha toccato vette altissime sui social e in televisione, non mi interessa. Non mi interessano le distinzioni tra ciò che il diritto militare non può prevedere e ciò che invece può essere oggetto di inchiesta da parte della magistratura ordinaria. I giudici ci sono e vengono pagati per scavare in queste sottili distinzioni. Se poi lo sconsiderato militare che si è reso protagonista di questa vicenda dovesse non solo evitare sanzioni penali o amministrative, ma dovesse anche salvare il suo posto di lavoro, sarò felice per lui. La mia indole libertaria non mi permette in nessun caso di fare il tifo per la soluzione giustizialista in attesa di sentenza, neanche quando la necessità di sanzione mi pare lapalissiana. La vedo così per pedofili, stupratori, rapinatori e ladri. Mi sforzerò di vederla così anche per i neofascisti.
Non mi interessano, per tanto, le puntualizzazioni sulla storia della bandiera della Marina Imperiale del II Reich. Gli stucchevoli post sulla imprecisione di chi taccia come “neonazista” chiunque utilizzi un simbolo storico tedesco e non nazista. E se è vero che molti giornalisti e molti partecipanti al dibattito sui social tacciano il militare di neonazismo senza chiarire i termini storici di questo simbolo, è anche vero che molti di quelli che si scagliano contro le “fake news” della sinistra e dei giornalisti si dimenticano di dire che da decenni quel simbolo è usato dai neonazisti tedeschi (e in tutta Europa a dire il vero) al posto delle svastiche del III Reich che sono come è noto vietate da leggi specifiche.
Una cosa così delicata come la necessità di arginare i rigurgiti di ideologie totalitarie e l’apologia di fascismo non passerà mai attraverso un dialogo tra sordi come quello di oggi. Per chiarire i termini della discussione dobbiamo elevare i toni ed evitare le strumentalizzazioni. Dobbiamo battere sul fatto che la difesa di principi costituzionali è affare di tutti, a tutela della libertà di tutti. Dobbiamo evitare di passare come i sostenitori di una narrativa di “predominio culturale”. Offendere, sputare sentenze, non serve a nulla se non ad alimentare il vecchio refrain dei conservatori che sperano di massimizzare il proprio consenso ingraziandosi la simpatia della estrema destra con i loro attacchi alla missione illiberale dell’antifascismo di sinistra.
Dall’altra parte, mantenere i nervi saldi e uno stile appropriato non significa subire. Il giustificazionismo e il revisionismo stanno prendendo campo, e noi dobbiamo rispondere in modo deciso. Un simbolo diventato dappertutto neonazista viene esposto in una caserma? Lasciamo il caso ai giudici ma diciamo con forza che tale simbolo non dovrà mai trovarsi dentro un luogo che rappresenta la democrazia! Esponenti politici eletti in partiti dell’arco costituzionale si scoprono organici ad organizzazioni neo-fasciste? Dobbiamo chiedere che siano allontanati dai partiti costituzionali, espulsi dai gruppi parlamentari o consiliari nei quali risultano iscritti, e inibiti rispetto alla condivisione di responsabilità di governo nazionale e locale.
In Toscana le organizzazioni di estrema destra si stanno moltiplicando. È un fatto. Azioni e iniziative politiche più o meno direttamente riconducibili alla nostalgia per il regime e alla richiesta di “sdoganamento” di simboli, date e rituali fascisti sono presenti anche a livello locale. Questi sono fatti. Di fronte ai fatti dobbiamo mobilitarci e pretendere garanzie dagli enti locali, a partire da quelli governati da leader e partiti che si definiscono “liberali”.
L’apologia di fascismo è reato. La legge 645 /1952 lo sanziona, e adesso c’è la legge Fiano che ne specifica alcune fattispecie. Possiamo essere più o meno caldi rispetto a questa come una impellenza democratica. Possiamo essere più o meno appassionati al tema. Io stesso penso che sia assai più importante lavorare sul piano culturale, continuando a diffondere conoscenza robusta e non celebrativa. Per far si che le nuove generazioni prendano distanza dall’odio e dal razzismo è necessario applicarsi a livelli ben più impegnativi. Ma non dobbiamo nemmeno far finta di niente di fronte a palesi manifestazioni di un reato.
Non mi interessano, per tanto, le puntualizzazioni sulla storia della bandiera della Marina Imperiale del II Reich. Gli stucchevoli post sulla imprecisione di chi taccia come “neonazista” chiunque utilizzi un simbolo storico tedesco e non nazista. E se è vero che molti giornalisti e molti partecipanti al dibattito sui social tacciano il militare di neonazismo senza chiarire i termini storici di questo simbolo, è anche vero che molti di quelli che si scagliano contro le “fake news” della sinistra e dei giornalisti si dimenticano di dire che da decenni quel simbolo è usato dai neonazisti tedeschi (e in tutta Europa a dire il vero) al posto delle svastiche del III Reich che sono come è noto vietate da leggi specifiche.
Una cosa così delicata come la necessità di arginare i rigurgiti di ideologie totalitarie e l’apologia di fascismo non passerà mai attraverso un dialogo tra sordi come quello di oggi. Per chiarire i termini della discussione dobbiamo elevare i toni ed evitare le strumentalizzazioni. Dobbiamo battere sul fatto che la difesa di principi costituzionali è affare di tutti, a tutela della libertà di tutti. Dobbiamo evitare di passare come i sostenitori di una narrativa di “predominio culturale”. Offendere, sputare sentenze, non serve a nulla se non ad alimentare il vecchio refrain dei conservatori che sperano di massimizzare il proprio consenso ingraziandosi la simpatia della estrema destra con i loro attacchi alla missione illiberale dell’antifascismo di sinistra.
Dall’altra parte, mantenere i nervi saldi e uno stile appropriato non significa subire. Il giustificazionismo e il revisionismo stanno prendendo campo, e noi dobbiamo rispondere in modo deciso. Un simbolo diventato dappertutto neonazista viene esposto in una caserma? Lasciamo il caso ai giudici ma diciamo con forza che tale simbolo non dovrà mai trovarsi dentro un luogo che rappresenta la democrazia! Esponenti politici eletti in partiti dell’arco costituzionale si scoprono organici ad organizzazioni neo-fasciste? Dobbiamo chiedere che siano allontanati dai partiti costituzionali, espulsi dai gruppi parlamentari o consiliari nei quali risultano iscritti, e inibiti rispetto alla condivisione di responsabilità di governo nazionale e locale.
In Toscana le organizzazioni di estrema destra si stanno moltiplicando. È un fatto. Azioni e iniziative politiche più o meno direttamente riconducibili alla nostalgia per il regime e alla richiesta di “sdoganamento” di simboli, date e rituali fascisti sono presenti anche a livello locale. Questi sono fatti. Di fronte ai fatti dobbiamo mobilitarci e pretendere garanzie dagli enti locali, a partire da quelli governati da leader e partiti che si definiscono “liberali”.
L’apologia di fascismo è reato. La legge 645 /1952 lo sanziona, e adesso c’è la legge Fiano che ne specifica alcune fattispecie. Possiamo essere più o meno caldi rispetto a questa come una impellenza democratica. Possiamo essere più o meno appassionati al tema. Io stesso penso che sia assai più importante lavorare sul piano culturale, continuando a diffondere conoscenza robusta e non celebrativa. Per far si che le nuove generazioni prendano distanza dall’odio e dal razzismo è necessario applicarsi a livelli ben più impegnativi. Ma non dobbiamo nemmeno far finta di niente di fronte a palesi manifestazioni di un reato.