Ho ripensato un giorno intero alle immagini ed ai racconti su quanto successo a Siena ieri: una protesta di studenti interrotta con una carica, un fermo, un ragazzo ferito. Ancora non mi capacito di come una cosa del genere possa accadere in una città piccola e colta, dove gli studenti costituiscono la prima componente di una comunità di privilegiati che si pone quotidianamente la questione di capire il mondo e, se possibile, renderlo migliore.
I fatti sono legati alla protesta messa in atto dagli studenti rispetto alla presenza di un leader politico divisivo come Salvini. La prima domanda è allora: fino a dove può spingersi una protesta di questo tipo? La mia posizione è semplice: la censura politica non può essere mai invocata. Sono abbastanza vecchio da ricordare di non aver raccolto l'appello di amici e compagni di Grosseto che pretendevano di non far parlare Giorgio Almirante nella città in cui, durante la sua ingloriosa militanza nella RSI, si era reso responsabile di arresti e condanne a morte. Ora, pur ammettendo sensazioni di assoluto disgusto verso la violenza verbale della nuova destra xenofoba, i cui slogan calpestano il rispetto dei diritti umani, giustificando le efferatezze che una minoranza di presunti civilizzati continua a esercitare sulla moltitudine umana di serie B che abita il globo, continuo a pensare che la censura serva solo ad alzare il volume della voce degli avversari della democrazia.
Tuttavia, un libertario non può neanche imporre la censura a coloro che esprimono censura. Tanto più se questi ultimi si limitano a manifestare il proprio dissenso senza violenza. Se la piazza appartiene a tutti, soltanto l'ordine pubblico può garantire un equilibrio tra i diritti delle parti. Compito non facile, che affidiamo a gente che ci difende tutti i giorni, nonostante mezzi non eccelsi e salari non esaltanti (quelli degli operativi e dei giovani, sappiamo tutti dello squilibrio che caratterizza in ogni amministrazione pubblica il rapporto tra dirigenti e impiego e quello inter-generazionale).
Siena ha sempre dimostrato che il rispetto tra le parti in gioco può essere costruito, apprezzando il senso della altrui misura. Ho ricordi bellissimi del civile confronto che testimoniai, quando presiedevo la Facoltà di Scienze Politiche a Siena, tra manifestanti e forze dell'ordine. Ed è solo un esempio di una memoria che viaggia fino agli anni ottanta, quando a mia volta facevo parte della popolazione studentesca senese. Conoscendo molti dei ragazzi che negli anni si sono alternati nel movimento, penso di poter dire che è soprattutto merito della loro maturità se le tensioni non hanno mai sconfinato nella violenza. So anche che le forze dell'ordine hanno avuto una parte importante di merito. Da ultimo, le dimensioni di una città piccola, totalmente dedita alla cultura ed alla sua università, costituisce un fattore cruciale per la conservazione del rispetto.
Ieri, mi pare, abbiamo segnato una triste inversione di marcia. Non entro nel merito di antefatti e fatti che non conosco. Cerco solo di ragionare sulla grandezza dei fenomeni e sulle cose viste. La colonna degli studenti, non violenta e già ferma quando è arrivata la carica, non era di una numerosità tale da prefigurare il rischio di disordini. In ogni caso, poteva essere fermata prima, con la stessa interposizione. Le immagini che ho visto, girate nel corso di Siena, farebbero invece pensare ad una sorta di prova di forza, che francamente non si spiega neanche in una logica cinica di dissuasione: quei ragazzi erano chiaramente appagati dalla sola manifestazione di dissenso, e non avevano alcun modo di provocare situazioni di pericolo.
Vi è poi qualcosa che davvero non sembra aver alcuna spiegazione logica: per quale motivo si deve fermare una persona che apparentemente è solo "uno di loro" per trascinarlo come un trofeo di guerra nel campo che ospita "gli altri?". Quale logica di risoluzione del conflitto, quale teoria di psicologia delle masse può giustificare tale azione, che al contrario può diventare una pericolosa azione di incitamento alla violenza? Che alcuni manifestanti pro-Salvini siano stati eccitati da questa sfilata si vede bene in molte immagini. Ma mi chiedo anche come possano essersi sentiti i compagni del malcapitato fermato, vedendolo trascinato in piazza Salimbeni, in mezzo ai militanti pro-Salvini.
Chi leggerà questo post saprà che parlo (anche) sulle corde dell'affetto. Vedere il fermo di una persona che stimo e che so essere una persona per bene, vedere un mio ex studente, un interlocutore con cui mi confronto sempre con piacere e rispetto reciproco, portato via come un delinquente, mi ha fatto male. Ma penso anche al liceale finito in ospedale e a tutti coloro che pur non avendo conseguenze di alcun tipo sono tornati ieri sera a casa con mestizia e sgomento. Non credo che siano diventati oggi dei cittadini migliori dopo aver visto tutto questo, e non credo che siano più disposti al rispetto dei diritti altrui. Delle due, temo, possano diventare più radicali e meno tolleranti. Ma per fortuna conosco le risorse e la saggezza di tanti studenti, e so che sapranno leggere questa storia con la giusta misura.
Tuttavia, se anche la città della saggezza e del rispetto è assurta alla cronaca per un fatto di violenza, vuol dire che nessuna comunità è immune dal rischio di tristi inversioni di marcia. La mia natura libertaria mi impone naturalmente di non accettare retropensieri. Diciamo che è un caso. Diciamo che domani torneremo a confrontarci a Siena, e nelle piazze anche più grandi di questo paese, senza pensare a riduzioni delle nostre libertà, o senza accusare nessuno di applicare riduzioni delle libertà. Ma nel momento in cui confermo la mia infinita fiducia, mi appello al senso di responsabilità di tutti, a cominciare dai responsabili delle forze dell'ordine: si rifletta su questi eventi; si cambino i registri sbagliati, e se necessario si riconoscano gli errori fatti.
I fatti sono legati alla protesta messa in atto dagli studenti rispetto alla presenza di un leader politico divisivo come Salvini. La prima domanda è allora: fino a dove può spingersi una protesta di questo tipo? La mia posizione è semplice: la censura politica non può essere mai invocata. Sono abbastanza vecchio da ricordare di non aver raccolto l'appello di amici e compagni di Grosseto che pretendevano di non far parlare Giorgio Almirante nella città in cui, durante la sua ingloriosa militanza nella RSI, si era reso responsabile di arresti e condanne a morte. Ora, pur ammettendo sensazioni di assoluto disgusto verso la violenza verbale della nuova destra xenofoba, i cui slogan calpestano il rispetto dei diritti umani, giustificando le efferatezze che una minoranza di presunti civilizzati continua a esercitare sulla moltitudine umana di serie B che abita il globo, continuo a pensare che la censura serva solo ad alzare il volume della voce degli avversari della democrazia.
Tuttavia, un libertario non può neanche imporre la censura a coloro che esprimono censura. Tanto più se questi ultimi si limitano a manifestare il proprio dissenso senza violenza. Se la piazza appartiene a tutti, soltanto l'ordine pubblico può garantire un equilibrio tra i diritti delle parti. Compito non facile, che affidiamo a gente che ci difende tutti i giorni, nonostante mezzi non eccelsi e salari non esaltanti (quelli degli operativi e dei giovani, sappiamo tutti dello squilibrio che caratterizza in ogni amministrazione pubblica il rapporto tra dirigenti e impiego e quello inter-generazionale).
Siena ha sempre dimostrato che il rispetto tra le parti in gioco può essere costruito, apprezzando il senso della altrui misura. Ho ricordi bellissimi del civile confronto che testimoniai, quando presiedevo la Facoltà di Scienze Politiche a Siena, tra manifestanti e forze dell'ordine. Ed è solo un esempio di una memoria che viaggia fino agli anni ottanta, quando a mia volta facevo parte della popolazione studentesca senese. Conoscendo molti dei ragazzi che negli anni si sono alternati nel movimento, penso di poter dire che è soprattutto merito della loro maturità se le tensioni non hanno mai sconfinato nella violenza. So anche che le forze dell'ordine hanno avuto una parte importante di merito. Da ultimo, le dimensioni di una città piccola, totalmente dedita alla cultura ed alla sua università, costituisce un fattore cruciale per la conservazione del rispetto.
Ieri, mi pare, abbiamo segnato una triste inversione di marcia. Non entro nel merito di antefatti e fatti che non conosco. Cerco solo di ragionare sulla grandezza dei fenomeni e sulle cose viste. La colonna degli studenti, non violenta e già ferma quando è arrivata la carica, non era di una numerosità tale da prefigurare il rischio di disordini. In ogni caso, poteva essere fermata prima, con la stessa interposizione. Le immagini che ho visto, girate nel corso di Siena, farebbero invece pensare ad una sorta di prova di forza, che francamente non si spiega neanche in una logica cinica di dissuasione: quei ragazzi erano chiaramente appagati dalla sola manifestazione di dissenso, e non avevano alcun modo di provocare situazioni di pericolo.
Vi è poi qualcosa che davvero non sembra aver alcuna spiegazione logica: per quale motivo si deve fermare una persona che apparentemente è solo "uno di loro" per trascinarlo come un trofeo di guerra nel campo che ospita "gli altri?". Quale logica di risoluzione del conflitto, quale teoria di psicologia delle masse può giustificare tale azione, che al contrario può diventare una pericolosa azione di incitamento alla violenza? Che alcuni manifestanti pro-Salvini siano stati eccitati da questa sfilata si vede bene in molte immagini. Ma mi chiedo anche come possano essersi sentiti i compagni del malcapitato fermato, vedendolo trascinato in piazza Salimbeni, in mezzo ai militanti pro-Salvini.
Chi leggerà questo post saprà che parlo (anche) sulle corde dell'affetto. Vedere il fermo di una persona che stimo e che so essere una persona per bene, vedere un mio ex studente, un interlocutore con cui mi confronto sempre con piacere e rispetto reciproco, portato via come un delinquente, mi ha fatto male. Ma penso anche al liceale finito in ospedale e a tutti coloro che pur non avendo conseguenze di alcun tipo sono tornati ieri sera a casa con mestizia e sgomento. Non credo che siano diventati oggi dei cittadini migliori dopo aver visto tutto questo, e non credo che siano più disposti al rispetto dei diritti altrui. Delle due, temo, possano diventare più radicali e meno tolleranti. Ma per fortuna conosco le risorse e la saggezza di tanti studenti, e so che sapranno leggere questa storia con la giusta misura.
Tuttavia, se anche la città della saggezza e del rispetto è assurta alla cronaca per un fatto di violenza, vuol dire che nessuna comunità è immune dal rischio di tristi inversioni di marcia. La mia natura libertaria mi impone naturalmente di non accettare retropensieri. Diciamo che è un caso. Diciamo che domani torneremo a confrontarci a Siena, e nelle piazze anche più grandi di questo paese, senza pensare a riduzioni delle nostre libertà, o senza accusare nessuno di applicare riduzioni delle libertà. Ma nel momento in cui confermo la mia infinita fiducia, mi appello al senso di responsabilità di tutti, a cominciare dai responsabili delle forze dell'ordine: si rifletta su questi eventi; si cambino i registri sbagliati, e se necessario si riconoscano gli errori fatti.