Chi si sforza di analizzare la politica come arte e scienza di governo deve porsi prima o poi in una prospettiva di realismo. La politica recitata, quella degli addetti ai lavori, rispecchia sempre i caratteri di una comunità, così come è vero che i followers sono sempre molto più lesti ad emulare i peggiori difetti dei leaders che non ad afferrare le loro poche virtù. Non ci si deve allora stupire più di tanto di fronte a una campagna elettorale di così basso livello, la più insulsa e indecorosa che io ricordi.
Possiamo però rammaricarci: poteva essere la prima in cui misurarsi seriamente, anche nel bel paese, sul nostro essere Europei. Invece è stata una nuova campagna elettorale “di secondo ordine”, cioè rivolta a sanzionare o premiare gli attori per come si sono mossi sull’arena domestica. Se guardo alla costruzione degli argomenti preminenti direi anzi che si è trattato di una campagna di terzo ordine, nel senso che sono state utilizzate retoriche esterne o globali (Euro buono/cattivo, troppa/poca Europa, Tedeschi non Italiani ecc.) per distanziarsi dal passato (per esempio Grillo) o per frenare il futuro (per esempio Berlusconi) ma senza avere una minima idea di come agganciare il presente. Lo stesso PD di Renzi ha trasformato la sua campagna (probabilmente dati di sondaggio alla mano) dall’orgoglio delle proprie idee da portare sull’agenda europea (certo ben rappresentato dalla qualità di molti candidati al PE), ad un contrattacco da guerra delle panzane. Certo con toni più urbani rispetto agli altri, ma ci voleva poco. Insomma, argomenti di un ordine per rappresentare un altro ordine senza pensare all’ordine presente. Praticamente elezioni di terzo ordine. D’altra parte quanti ordini ci sono tra l’espressione, bellissima (e politicamente accettabile per molti di noi) della lista “per un'altra Europa” e la chiusura ideologica di molti attori che la sostengono, ancora convinti – legittimamente – che l’UE sia sostanzialmente uno spin off dell’imperialismo capitalistico e filo-americano? E quanta distanza c’è tra la lista polifonica che aderisce all’ALDE e quindi alla candidatura di un liberale ed europeista autentico come Guy Verhostadt in termini di reale committment europeo? A cominciare dalla ministra capo-lista: quando Berlusconi imperversava come capolista civetta avevamo detto che candidarsi al PE senza un impegno preciso di dimissioni nel caso di proclamazione era una mancanza di rispetto verso una comunità di quasi 500 milioni di persone. Mi sentirei di muovere la stessa critica anche a una persona per bene come la Giannini.
Se poi vediamo la qualità dei retori e delle loro parole allora forse davvero si tratta di elezioni di ultimo ordine. Lasciamo perdere il turpiloquio di molti, comunque davvero troppo sopra le righe: le poche proposte discusse in queste due settimane sono così palesemente prive di sostenibilità, che non è necessario procedere ad un confronto dati alla mano. Il fact checking si fa semplicemente riascoltandole due volte. Come ha fatto Crozza ripetendole ieri sera: si ride subito, senza che il comico aggiunga o enfatizzi alcunchè. Si ride per non piangere ovviamente.
Le percezioni sui temi di questa campagna saranno ovviamente diverse, a seconda dei punti di vista di partenza. Ma non credo vi sia un solo elettore di un solo partito che possa dirsi emozionato per le cose che ha ascoltato. Possiamo infatti dirci emozionati di un discorso costruito sull’odio per gli avversari o per le istituzioni? Una delle cose che mi ha colpito di più, in senso negativo, è la scelta di Matteo Salvini di andare a fare i suoi comizi sotto le abitazioni private di alcuni suoi target, che sono delle persone magari detestabili politicamente ma che hanno rappresentato l’Italia (e nel caso di Prodi anche l’Unione Europea) con un fine, neanche troppo velato, di linciaggio politico. I flash-mob, beninteso, sono oggi strumento e garanzia di pluralismo. Ma questo gesto sembra più una intimidazione che una protesta. Non ricordo cose simili nei paesi che considero i bench-mark democratici. In ogni caso, invito a trovare le differenze stilistiche rispetto ad un alleato di Salvini come Geert Wilders, pure considerato da molti osservatori un estremista con tratti marcati di xenofobia. Wilders si mostra in televisione capace di sostenere interviste pacate, in un eccellente inglese, scendendo nei dettagli della normativa dei diversi paesi UE per dimostrare la sua tesi estrema, per cui Islam e democrazia sono incompatibili.
L’odio, anzi lo schifo per le istituzioni e gli esseri umani che le tengono vive, è andato in onda in piazza San Giovanni ieri 23 Maggio, chiudendo un tale che si chiama Moro (ironia della sorte?) da par suo la campagna elettorale del movimento cinque stelle. Anche qui ci sarebbe da discutere. Faccio solo una domanda. Se tutti schifano tutti ci sarà mai un momento in cui saremo in grado di esprimere una sola voce, un “noi” che abbia davvero un qualche senso in Europa?
A Roma, mentre tutti schifavano tutti, passavano le immagini di Giovanni Falcone. Ieri era infatti il giorno della legalità. In questo clima, pochi i giornalisti che se ne sono ricordati. Pochi i politici, e forse meglio così. In questo clima. A volte meglio tacere. A volte è necessario ricaricare le batterie della legalità guardando non troppo in alto, ma al lavoro quotidiano di altri attori, meno noti ma sicuramente cruciali per il nostro percorso. Per esempio l’autista di questo camioncino della scuola di musica di Fiesole. Poi, quando la polvere si sarà posata, spiegheremo a Moro cosa ha fatto davvero Giovanni Falcone. Quanto ha sempre voluto rispettare le istituzioni, anche quando alcune istituzioni gli voltavano le spalle. Come ha collaborato con le istituzioni. Come umilmente ha trattato tutti i suoi interlocutori, inclusi i tantissimi mafiosi che ha incontrato nella sua vita di magistrato.
Possiamo però rammaricarci: poteva essere la prima in cui misurarsi seriamente, anche nel bel paese, sul nostro essere Europei. Invece è stata una nuova campagna elettorale “di secondo ordine”, cioè rivolta a sanzionare o premiare gli attori per come si sono mossi sull’arena domestica. Se guardo alla costruzione degli argomenti preminenti direi anzi che si è trattato di una campagna di terzo ordine, nel senso che sono state utilizzate retoriche esterne o globali (Euro buono/cattivo, troppa/poca Europa, Tedeschi non Italiani ecc.) per distanziarsi dal passato (per esempio Grillo) o per frenare il futuro (per esempio Berlusconi) ma senza avere una minima idea di come agganciare il presente. Lo stesso PD di Renzi ha trasformato la sua campagna (probabilmente dati di sondaggio alla mano) dall’orgoglio delle proprie idee da portare sull’agenda europea (certo ben rappresentato dalla qualità di molti candidati al PE), ad un contrattacco da guerra delle panzane. Certo con toni più urbani rispetto agli altri, ma ci voleva poco. Insomma, argomenti di un ordine per rappresentare un altro ordine senza pensare all’ordine presente. Praticamente elezioni di terzo ordine. D’altra parte quanti ordini ci sono tra l’espressione, bellissima (e politicamente accettabile per molti di noi) della lista “per un'altra Europa” e la chiusura ideologica di molti attori che la sostengono, ancora convinti – legittimamente – che l’UE sia sostanzialmente uno spin off dell’imperialismo capitalistico e filo-americano? E quanta distanza c’è tra la lista polifonica che aderisce all’ALDE e quindi alla candidatura di un liberale ed europeista autentico come Guy Verhostadt in termini di reale committment europeo? A cominciare dalla ministra capo-lista: quando Berlusconi imperversava come capolista civetta avevamo detto che candidarsi al PE senza un impegno preciso di dimissioni nel caso di proclamazione era una mancanza di rispetto verso una comunità di quasi 500 milioni di persone. Mi sentirei di muovere la stessa critica anche a una persona per bene come la Giannini.
Se poi vediamo la qualità dei retori e delle loro parole allora forse davvero si tratta di elezioni di ultimo ordine. Lasciamo perdere il turpiloquio di molti, comunque davvero troppo sopra le righe: le poche proposte discusse in queste due settimane sono così palesemente prive di sostenibilità, che non è necessario procedere ad un confronto dati alla mano. Il fact checking si fa semplicemente riascoltandole due volte. Come ha fatto Crozza ripetendole ieri sera: si ride subito, senza che il comico aggiunga o enfatizzi alcunchè. Si ride per non piangere ovviamente.
Le percezioni sui temi di questa campagna saranno ovviamente diverse, a seconda dei punti di vista di partenza. Ma non credo vi sia un solo elettore di un solo partito che possa dirsi emozionato per le cose che ha ascoltato. Possiamo infatti dirci emozionati di un discorso costruito sull’odio per gli avversari o per le istituzioni? Una delle cose che mi ha colpito di più, in senso negativo, è la scelta di Matteo Salvini di andare a fare i suoi comizi sotto le abitazioni private di alcuni suoi target, che sono delle persone magari detestabili politicamente ma che hanno rappresentato l’Italia (e nel caso di Prodi anche l’Unione Europea) con un fine, neanche troppo velato, di linciaggio politico. I flash-mob, beninteso, sono oggi strumento e garanzia di pluralismo. Ma questo gesto sembra più una intimidazione che una protesta. Non ricordo cose simili nei paesi che considero i bench-mark democratici. In ogni caso, invito a trovare le differenze stilistiche rispetto ad un alleato di Salvini come Geert Wilders, pure considerato da molti osservatori un estremista con tratti marcati di xenofobia. Wilders si mostra in televisione capace di sostenere interviste pacate, in un eccellente inglese, scendendo nei dettagli della normativa dei diversi paesi UE per dimostrare la sua tesi estrema, per cui Islam e democrazia sono incompatibili.
L’odio, anzi lo schifo per le istituzioni e gli esseri umani che le tengono vive, è andato in onda in piazza San Giovanni ieri 23 Maggio, chiudendo un tale che si chiama Moro (ironia della sorte?) da par suo la campagna elettorale del movimento cinque stelle. Anche qui ci sarebbe da discutere. Faccio solo una domanda. Se tutti schifano tutti ci sarà mai un momento in cui saremo in grado di esprimere una sola voce, un “noi” che abbia davvero un qualche senso in Europa?
A Roma, mentre tutti schifavano tutti, passavano le immagini di Giovanni Falcone. Ieri era infatti il giorno della legalità. In questo clima, pochi i giornalisti che se ne sono ricordati. Pochi i politici, e forse meglio così. In questo clima. A volte meglio tacere. A volte è necessario ricaricare le batterie della legalità guardando non troppo in alto, ma al lavoro quotidiano di altri attori, meno noti ma sicuramente cruciali per il nostro percorso. Per esempio l’autista di questo camioncino della scuola di musica di Fiesole. Poi, quando la polvere si sarà posata, spiegheremo a Moro cosa ha fatto davvero Giovanni Falcone. Quanto ha sempre voluto rispettare le istituzioni, anche quando alcune istituzioni gli voltavano le spalle. Come ha collaborato con le istituzioni. Come umilmente ha trattato tutti i suoi interlocutori, inclusi i tantissimi mafiosi che ha incontrato nella sua vita di magistrato.